venerdì 5 febbraio 2010

LADYBOY


Bertoldo, LADYBOY, Edizioni Mimesis

Non c’è nessun riferimento all’attualità o alla vicenda Marrazzo se il 17 febbraio esce nelle librerie di tutt’Italia Ladyboy: l’amore passionale tra un sacerdote e una bellissima e giovane trans. A differenza della recente cronaca, la letteratura è fresca, limpida, pura e religiosamente innamorata delle forze e debolezze di noi esseri mortali. L’umanità è sporca, ma la virtù sta nel ripulirsi è uno messaggi del romanzo, che si aggira attorno al meccanismo infernale della tratta di schiavi e schiave. Merce a volte costruita artificialmente e che costituisce le ricchezze dei peggiori parassiti moderni. «Shemale, tranny, ladyboy, katoey, ecc., poveri angioletti smaltiti. Ci sono ditte con tanto di appalto per il loro reclutamento». Tuttavia, nel romanzo la denuncia passa in secondo piano, qui sono piuttosto i sentimenti a parlare. Un discorso amoroso fitto e scottante di un prete già maturo, e forse per questo ancora in credito d’affetto, che, con la semplicità di un ragazzo (ma senza lucchetti adolescenziali) inizia ad assaporare il gusto delle carezze verso quella ragazzina vivace e così strana. Abbandona Dio, diventato un compagno ingombrante ed estremamente esigente, e si dedica ad amare l’impossibile da amare, e a difendere l’indifendibile. La lunga confessione di chi ha sempre ascoltato per lavoro le confessioni altrui, colpisce anche per il tratto di penna. Con una forma sublime che può ricordare le elegie di Rilke o i versi di Erri De Luca, Roberto Bertoldo scava in profondità nei pensieri di don Giuseppe, il sacerdote, e Liza, la ragazza a metà, con grazia inaudita. Pusher e gangster, zoccole e comari di paese sono rappresentati con una prosa che ama le persone almeno quanto il suono della parole, per far emergere ad ogni rigo, potenti cariche simboliche. Farci comprendere così che infinite sono le strade dove trovare il piacere estatico della religione. «La sera dicevo messa sul suo corpo nudo. […] Nell’amore, impietoso Dio, nell’amore noi eravamo purgati dalle tue colpe». Un altare al rovescio che dona maggiore rispetto all’unico grande miracolo possibile: la vita.


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