venerdì 12 febbraio 2010

Intervista a Fabrizio Marchi, l'autore di "Non ero il solo".


1) “Non ero il solo” parla di una generazione che da giovanissima si faceva carico di problemi enormi e coltivava la speranza di un progetto collettivo di cambiamento. Cosa manca oggi?

Si può giocare all’utopia con la playstation ?

Manca proprio quella capacità di osservare la realtà attraverso i propri occhi e non con quelli del “grande fratello”. E non mi riferisco ad uno dei più beceri reality televisi quanto al “Matrix” in cui viviamo, a questo sistema dominante ormai a livello planetario fondato sulla mercificazione totale dei corpi e delle anime. Altro che “socialismo reale” e Muro di Berlino; quelli erano dilettanti in confronto alla capacità di penetrazione di questo sistema che è molto più pervasivo e totalizzante di quello. Proprio perché è più subdolo, più sofisticato, più abile a condizionare a livello profondo gli individui.

Poi ci prendono per il culo chiamandoci di tanto in tanto a ratificare scelte già fatte da nomenclature di partito assolutamente intercambiabili l’una con altra, senza quasi nessuna eccezione, del tutto asservite al mercato e ai grandi gruppi economici e finanziari dominanti. E la chiamano democrazia…

La playstation? Suggerisco ai giovani di tornare a giocare per le strade, come facevamo noi ai miei tempi, e a cercare di praticarla, l’utopia, cominciando a rifiutare i modelli che questo sistema propone e di fatto, impone, anche se in modo molto astuto. Tutti credono di essere liberi ma, come sosteneva Pasolini “stanno solo seguendo un modello che gli è stato proposto e al quale hanno scelto di uniformarsi, una volta e per sempre”. E questo vale per tutti e tutte. Anzi, oggi ancor più per le donne che per gli uomini, purtroppo.

2) “Più pelo per tutti” è solo uno slogan comico di Antonio Albanese,

o rappresenta bene un programma politico oggi in voga?

Penso che dietro quella battuta di Albanese ci sia una grande verità e cioè che oggi tutto è stato mercificato e soprattutto il sesso, come tutte le merci, è sottoposto alle leggi del mercato e dell’economia. Il sesso (e l’affettività) è di fatto concepito come una sorta di proprietà. E una proprietà non la si dona, ma la si investe o, tutt’al più, la si aliena per ricavarne un utile. A questo è stata ridotta la sessualità; una delle cose più belle della vita è stata assassinata nel nome del profitto. E questo non solo dal punto di vista spicciolo, pratico, ma soprattutto sotto il profilo psicologico, umano, esistenziale addirittura. Tutto ciò non è successo casualmente. E’ stata un’operazione studiata e portata avanti con lucidità. Controllare e condizionare il foro interiore e gli aspetti più profondi della vita di un individuo è oggi per il sistema molto più importante che non controllare la sua sfera pubblica. Per cui il mio invito, soprattutto alle donne, è: “Datela”, giocateci, la vostra “amichetta” non è uno strumento di gestione e di potere sugli uomini, ma una grande opportunità di gioco, gioia, creatività che la Natura, il Signore, o Chi per Loro vi hanno dato. E ve l’hanno data “gratis”. Datela “gratis” anche voi. Non vi fate ingannare dai “furboni” di sempre. Ci guadagnerete, datemi retta, non sapete quanto. Riuscireste anche a cambiare gli uomini e il mondo (in meglio, molto meglio). Pensate, donne, quale opportunità avete! Non la gettate alle ortiche. Cambiate strada. Quella che avete imboccato e che vi hanno fatto imboccare non è quella giusta. Credetemi. Fatela questa benedetta rivoluzione di cui parlavate ormai tanto tempo fa, ma fatela veramente…

3) La dichiarazione di Morgan ha suscitato un vespaio di polemiche.

Cosa ne pensa lei della droga e degli antidepressivi ?

Penso che i migliori antidepressivi siano l’amore, l’amicizia, il sesso, vissuto in modo giocoso e gioioso, la natura, la creatività, l’arte, la libertà. E naturalmente anche seguire sempre e comunque il proprio “demone interiore”, non farsi condizionare da nessuno e seguire la propria strada, anche quando tutti e tutto vi dicono che siete fuori di testa. Non gli date retta, sono solo invidiosi perché non hanno le palle per fare quello che fate voi e allora vorrebbero trascinarvi con loro nella loro stessa palude…

Ciò detto, premesso che le droghe e gli “antidepressivi” non hanno mai portato la felicità a nessuno, credo che Morgan sia comunque molto meno ipocrita degli altri. Quanti perbenisti predicano nei teatrini mediatici, che siano anchor-men, politici, industriali, banchieri, calciatori, showgirl, e poi magari si sfondano di cocaina dalla mattina alla sera… 


4) Cosa ne pensa della massima “fare il giornalista è sempre meglio che lavorare”? E scrivere romanzi è meglio che fare il giornalista?

Credo che sia stata una delle cose più sagge dette da Montanelli (per lo meno mi pare che l’abbia detta lui). Ma non vale solo per i giornalisti ma anche per tanti altri soggetti che si sono indegnamente appropriati di quella storica affermazione: politici, uomini d’affari, calciatori, attori, personaggi dello spettacolo, palazzinari, finanzieri, mafiosi con lupara e colletto bianco, e via discorrendo, tutta la schiera dei cazzoni avariati che vivono alle spalle del prossimo, e chi più ne ha più ne metta...

Nel film “Novecento” di Bertolucci, c’è una scena in cui i signori vanno a cogliere il grano al posto dei braccianti che erano in sciopero, per evitare che il raccolto andasse sprecato e soprattutto per salvare i loro profitti. A un certo punto Leo, il vecchio bracciante capofamiglia dei Dalcò e leader di tutti i braccianti di quel casale al quale appartenevano, si rivolge al suo giovanissimo nipote Olmo e gli dice con quella bellissima inflessione emiliana: “Guarda Olmo, sarà mica questo il socialismo? I padroni che sgobbano dalla mattina alla sera e noi a sonnecchiare sotto un albero”.

Io non so se sia questo o solo questo il socialismo però sarebbe già un gran risultato mandare a lavorare sul serio tutta quella gente…

Fabrizio Marchi

(intervista di Lelio Semeraro)


lunedì 8 febbraio 2010

fabrizio marchi mi dice

Cari amici, cari amiche, vi informo che, laddove abbiate tempo e voglia, oggi alle ore 14,30 sarò intervistato da Franco Ottaviano, Presidente della Casa delle Culture di Roma, su Radio Città Aperta 88.9 FM relativamente al mio libro "Non ero il solo" (Mimesis Edizioni) che si trova già nelle librerie.

Nota bene:
potete ascoltare Radio Città Aperta anche in streaming.

venerdì 5 febbraio 2010

LADYBOY


Bertoldo, LADYBOY, Edizioni Mimesis

Non c’è nessun riferimento all’attualità o alla vicenda Marrazzo se il 17 febbraio esce nelle librerie di tutt’Italia Ladyboy: l’amore passionale tra un sacerdote e una bellissima e giovane trans. A differenza della recente cronaca, la letteratura è fresca, limpida, pura e religiosamente innamorata delle forze e debolezze di noi esseri mortali. L’umanità è sporca, ma la virtù sta nel ripulirsi è uno messaggi del romanzo, che si aggira attorno al meccanismo infernale della tratta di schiavi e schiave. Merce a volte costruita artificialmente e che costituisce le ricchezze dei peggiori parassiti moderni. «Shemale, tranny, ladyboy, katoey, ecc., poveri angioletti smaltiti. Ci sono ditte con tanto di appalto per il loro reclutamento». Tuttavia, nel romanzo la denuncia passa in secondo piano, qui sono piuttosto i sentimenti a parlare. Un discorso amoroso fitto e scottante di un prete già maturo, e forse per questo ancora in credito d’affetto, che, con la semplicità di un ragazzo (ma senza lucchetti adolescenziali) inizia ad assaporare il gusto delle carezze verso quella ragazzina vivace e così strana. Abbandona Dio, diventato un compagno ingombrante ed estremamente esigente, e si dedica ad amare l’impossibile da amare, e a difendere l’indifendibile. La lunga confessione di chi ha sempre ascoltato per lavoro le confessioni altrui, colpisce anche per il tratto di penna. Con una forma sublime che può ricordare le elegie di Rilke o i versi di Erri De Luca, Roberto Bertoldo scava in profondità nei pensieri di don Giuseppe, il sacerdote, e Liza, la ragazza a metà, con grazia inaudita. Pusher e gangster, zoccole e comari di paese sono rappresentati con una prosa che ama le persone almeno quanto il suono della parole, per far emergere ad ogni rigo, potenti cariche simboliche. Farci comprendere così che infinite sono le strade dove trovare il piacere estatico della religione. «La sera dicevo messa sul suo corpo nudo. […] Nell’amore, impietoso Dio, nell’amore noi eravamo purgati dalle tue colpe». Un altare al rovescio che dona maggiore rispetto all’unico grande miracolo possibile: la vita.


lunedì 1 febbraio 2010

fabrizio marchi su blitz

è uscito in tutte le librerie "Non ero il solo" di Fabrizio Marchi.
ecco il link dell'articolo su Blitz.

i segreti del giovane Holden


Qual è il significato del titolo originale Catcher in the rye ?

«Gin a body meet a body
Coming thro' the rye,
Gin a body kiss a body
Need a body cry? »

« Se una persona incontra una persona
Che si avvicina in un campo di segale,
Se una persona bacia una persona
Quella persona deve piangere? »

Il titolo del romanzo prende spunto da questi versi di una poesia di Burns, dai toni romantici: (www.youtube.com/watch?v=-2MfZ5SS1Is),
ma poi prosegue per la sua strada.

In uno dei passaggi del libro, interrogato dalla sorella Phoebe su cosa voglia veramente fare da grande, risponde, ispirandosi ma stravolgendo la scena evocata dalla poesia di Burns, "colui che salva i bambini, afferrandoli un attimo prima che cadano nel burrone, mentre giocano in un campo di segale".

Catcher è il cacciatore ma anche il ruolo di un giocatore di baseball: il ricevitore (letteralmente il prenditore).

Tra i bambini immaginati dal giovane Holden c’è il fratellino morto di leucemia a cui il protagonista era molto legato e che idealmente aveva tutte le qualità che a lui mancavano.

Col nome di rye invece si designa comunemente il whisky-rye, il popolare tipo di whisky ottenuto dalla fermentazione della segale o di una mescolanza di segale e malto.

Quindi, The Catcher in the Rye, da un editore dotato di molto ma molto coraggio
sarebbe potuto essere tradotto come

“Lo stopper del whisky.”

lunedì 30 novembre 2009

Fabrizio Marchi, non ero il solo



Isbn 9788884839831

14,00 euro

L’adolescenza difficile e turbolenta di un giovane cresciuto a Roma negli anni ’70. Le esperienze sessuali, l’irrequietezza, le angosce, la malattia e la morte prematura della madre, la vita nel quartiere dove è cresciuto, il liceo che ha frequentato, gli amici morti in circostanze violente, la militanza politica. Sullo sfondo la Roma di quegli anni, i suoi rioni, le sue ombre, gli angoli nascosti della città, le sue contraddizioni, la violenza di cui era permeata.

Non ero il solo è un romanzo solo in parte autobiografico; è il ritratto disincantato e disilluso, ma anche ironico, di un’epoca e di una generazione bruciata e cresciuta troppo in fretta raccontato attraverso gli occhi e il linguaggio di un ragazzo che gli eventi hanno reso prematuramente adulto.


Fabrizio Marchi è nato a Roma il 09/11/1958. Si è laureato in Scienze Politiche e in Filosofia. Giornalista Pubblicista, si occupa di comunicazione, relazioni istituzionali e politica internazionale. Per Mimesis edizioni è autore del saggio
Le donne: una rivoluzione mai nata.

Roberto Bertoldo, Ladyboy


Isbn 9788884839817

14,00 euro

Ladyboy racconta l’amore tra un prete e un giovanissimo trans, una sorta di Lolita dei nostri tempi, rappresentando i risvolti più intimi dell’emarginazione e denunciando la fabbrica e la tratta degli uomini-donna.



Roberto Bertoldo ha scritto libri di poesia, di narrativa e di filosofia. Tra le sue pubblicazioni, i romanzi Il Lucifero di Wittenberg – Anschluss (1998), Anche gli ebrei sono cattivi (2002), L’infame (2009); i saggi Nullismo e letteratura (1998), Principi di fenomenognomica (2003), Sui fondamenti dell’amore (2006), Anarchismo senza anarchia (2009); i libri di poesie Il calvario delle gru (2000), L’archivio delle bestemmie (2006).